FOGGIA, 24 luglio 2023 – “Era il 7 aprile, venerdì Santo. Destinazione Don Uva, ex art. 26. Ricordo le lacrime infinite di quel giorno, ma non avevano motivazioni religiose…
La stavo vivendo come una “retrocessione” immeritata, io che venivo dimesso dal reparto riabilitativo del Riuniti, fiore all’occhiello di tutta la Regione Puglia per quanto concerne la robotica applicata alle terapie.
Piangevo.
Perché mi avevano “spedito” al Don Uva, per chi è di Foggia come me, mi avevano “spedito” al manicomio.
Esiti da ictus, la mia patologia.
La dottoressa …, uno scricciolo di donna sempre sorridente e di una dolcezza infinita, la fisiatra del reparto mi sottopose a visita.
Le mie condizioni di arrivo alla struttura richiedevano assistenza continua, riuscivo a malapena a passare dal letto alla carrozzella e viceversa.
Venne individuata nella persona di A. la terapista che mi avrebbe preso in “carico”.
E dal martedì successivo iniziai la mia avventura di fisiokinesiterapia presso il reparto ex art. 26.
Empatia.
È questo il sostantivo che porta in sé una magia particolare. Quella magia che trasformò la fatica di esercizi fisici, in apparenza impossibili, in sorrisi quotidiani per la soddisfazione di aver superato la prova.
Quella magia che ti sospinge con tenacia tutte le volte che non ci riesci ma sei già pronto a riprovarci.
Non la compri da nessuna parte, neppure nelle migliori società di vendita online.
Ma era nel DNA di A., che abbinava la sua indiscussa professionalità ad una naturale propensione alla comprensione verso le problematiche del prossimo.
E quel prossimo ero io.
Per cui ogni giorno i benefici fisici diventavano evidenti, insieme a quelli “spirituali”.
La complicità del lavoro quotidiano era ormai simbiosi. E in questa empatia simbiotica entrò a far parte L. con la sua simpatica schiettezza.
E subito dopo L.. E poi C.. A., M., la new entry S..
Tutti insieme sotto l’ala protettrice della caposala, A. Donna risoluta e capace, in grado di trovare immediate soluzioni ai problemi senza perdersi d’animo.
La salute di tutti noi era nelle mani abili dei dottori P. e C., due gentiluomini di epoche diverse.
È il 21 luglio.
Sto piangendo.
Perché vado via dal Don Uva, vado via dal reparto ex art. 26.
Con le mie gambe, grazie ai professionisti che hanno avuto cura di me.
Vado via piangendo e mi porto dentro un carico immenso di emozioni, di ricordi e amore.
Si, perché è amore quello che ho ricevuto da queste persone magnifiche.
E spero di aver lasciato in loro almeno un briciolo dello stesso sentimento.
(Lettera firmata)
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